Ciò che si temeva, e che da più parti si scongiurava, è successo. Nella notte il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato in tv l’attacco all’Ucraina con l’intenzione di proteggere il Donbass. I piani del Cremlino non includerebbero al momento l’occupazione dell’Ucraina ma sarebbero orientate a smilitalizzare il Paese con un’operazione militare speciale su larga scala che, finora, ha interessato le città ucraine di Odessa, Charkiv, Mariupol, Leopoli e la capitale Kiev, dove sono state avvertite forti esplosioni. Ci sarebbero già le prime vittime: la Bbc ha parlato di almeno sette persone morte e nove sono rimaste ferite a causa dei bombardamenti. Una ventina sarebbero quelle disperse. Con Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, analizziamo l’escalation che ha portato a questo atto “ingiustificato e ingiustificabile”, come l’ha definito il presidente del Consiglio, Draghi.
Da settimane si diceva che un attacco russo all’Ucraina era imminente ma si sperava non accadesse…
Putin è andato avanti compiendo un passo che, a moltissimi osservatori compreso il sottoscritto, sembrava impossibile: quello di decidere un’operazione di così vasta scala contro l’Ucraina. Le ragioni per cui ritenevo che questa cosa non sarebbe successa attenevano alla logica: agendo in questo modo
Putin ha tagliato fuori la Russia da qualsiasi rapporto costruttivo con l’Occidente per chissà quanto tempo.
E ha lanciato il Paese in un’operazione militare dai confini incerti, piena di rischi. Ci sono infinite ragioni per cui si poteva pensare che non sarebbe successo.
Invece è accaduto.
L’accelerazione è avvenuta negli ultimi giorni. Direi che il momento topico, da questo punto di vista, è stato quando Vladimir Putin ha voluto – per annunciare il riconoscimento delle due repubbliche del Donbass – che tutto il Consiglio di sicurezza russo fosse schierato, coma a dire “adesso anche voi ci mettete la faccia”. Ed è stato abbastanza impressionante l’immagine del capo dei servizi segreti che cercava di dire qualcosa relativamente al Donbass più moderata e invitava ad un ultimo tentativo di dialogo mentre Putin, con grande violenza psicologica, lo costringeva ad allinearsi.
Quale strategia persegue il Cremlino?
È veramente ormai difficile capire quali siano i ragionamenti alla base dell’operato di Putin, che è sempre stato un leader molto freddo e razionale mentre in questi ultimi giorni è sembrato veramente in preda ad emozioni incontrollabili.
Certo è che la sua Russia rischia tantissimo sul piano economico, militare e di relazioni internazionali. E a rischio è anche lo stesso sistema di potere che Putin ha delineato in questi 20 anni.
Qual è la situazione attuale?
La popolazione russa vive una fase di insoddisfazione per la situazione economica, per la stagnazione anche politica, ed è difficile immaginare cosa potrebbe succedere ad un’opinione pubblica in qualche modo già provata nel momento in cui le bare dei giovani soldati russi dovessero tornare in patria. Tutti i sondaggi degli ultimi tempi hanno dimostrato che i russi, pur schierandosi a favore del Donbass e del riconoscimento delle due repubbliche di Donetsk e Lugansk, sono assolutamente contrari ad una guerra e, in particolare, ad una guerra contro l’Ucraina.
Le sanzioni “light” decise dall’Occidente negli ultimi giorni non hanno fermato Putin. Può essere ancora utile percorrere questo sentiero?
Abbiamo sempre pensato, in questa crisi lunga quattro mesi, che l’atteggiamento di Putin fosse mostrare i muscoli per acquisire forza sul piano contrattuale e diplomatico. Abbiamo visto che c’era qualcosa di più. A questo punto è davvero difficile entrare nella mente del leader del Cremlino. Ha fatto molta impressione vederlo dire che “nessuno provi ad immischiarsi perché siamo pronti ad una reazione che il mondo non ha mai visto”. Dichiarazioni di una violenza inaudita.
Nulla finora ha fatto desistere Putin. Cosa può fare l’Occidente?
Credo che Putin sappia che i Paesi occidentali non metteranno direttamente le mani in questo conflitto. Johnson, primo ministro del Regno Unito, stamattina ha già detto che “auguriamo all’Ucraina di poter resistere”: che è come dire “arrangiativi”. Ma questo è l’immediato.
Il conflitto è aperto e se la situazione dovesse incancrenirsi, se in Ucraina dovesse spuntare un movimento di resistenza, se questa spedizione militare non fosse una guerra lampo come cerca di fare Putin ma diventasse in qualche modo una guerra di posizione, allora è ovvio che gli aiuti occidentali affluirebbero verso l’Ucraina come già sono affluiti in questi mesi e probabilmente i Paesi vicini cercherebbero – in maniera coperta – di contribuire alla resistenza ucraina.
Si rischia veramente di dar vita ad una situazione che si prolungherebbe nel tempo con, evidentemente, sofferenze sempre crescenti per la popolazione civile.
Nella notte è stata colpita anche Kiev. Dopo Sarajevo era da quasi 30 anni che in una capitale europea non scoppiavano bombe…
Il valore simbolico di quanto successo è molto alto ma in questo momento il simbolismo cede il passo a ben altre considerazioni. Dai bombardamenti russi è stata investita tutta l’Ucraina fino a Leopoli, l’estrema parte occidentale del Paese. Che sia stata colpita Kiev simbolicamente è importante ma ormai siamo molto oltre.
Cosa può succedere ora?
Possiamo solo tentare di indovinare i ragionamenti di un leader che da freddo e razionale è diventato totalmente imprevedibile. Si può pensare che Putin voglia infliggere una durissima lezione militare all’Ucraina, annientarla dal punto di vista di una potenziale reazione militare e prendersi tutta la fascia sud-est, cioè, di fatto, trasformare le due repubbliche del Donbass in una grande “Nuova Russia” con Mariupol e magari Charkiv dando vita ad uno Stato-cuscinetto tra la Russia e un’Ucraina ridotta nel territorio e all’impotenza. Questo è quello che possiamo immaginare esserci nella testa di un leader che è diventato totalmente imperscrutabile.
Sul versante occidentale, invece, cosa capiterà?
Vedremo lo sviluppo degli eventi. È chiaro che se la situazione, in un domani, in qualche modo si assestasse e ci fosse ancora un’Ucraina indipendente, questa facilmente entrerebbe nella Nato, accolta a scopo difensivo.
Ora siamo in guerra, si ragiona su altri tavoli rispetto a quelli della diplomazia.
E bisogna fare i conti con quello che Putin ha dichiarato prima di lanciare questa operazione militare chiarendo che le richieste della Russia in materia di sicurezza non sono negoziabili. Quindi su questo non ci sarà negoziato.
Ora c’è la polvere da sparo che aleggia; bisogna che si depositi per vedere poi eventualmente da dove ricominciare. Ma sarà dura.