Intervista su "Avvenire"

Prevenzione radicalismo: l’imam Sbai docente nelle scuole penitenziarie. Al servizio dell’Italia, “come cittadino e come credente”

“All’interno degli istituti detentivi incontro il personale di polizia penitenziaria, gli psicologi e gli educatori, seguendo un programma che si articola in tre fasi. La prima prevede lezioni sulla fede islamica”, la seconda “fornisce elementi culturali legati alle tradizioni e ai costumi dei Paesi di provenienza dei detenuti di fede islamica”, nella terza fase “si procede con il dibattito, che offre sempre molti spunti di riflessione”. Lo afferma l’imam, Youssef Sbai, intervistato oggi su “Avvenire”, riferendo del suo incarico presso le carceri italiane. Sbai, musulmano praticante, docente, ha il compito di fornire strumenti utili agli agenti di custodia per comprendere eventuali atteggiamenti di radicalizzazione, proselitismo alla violenza e diffusione della cultura dell’odio. Che importanza può avere una simile iniziativa in questo momento? – chiede il quotidiano cattolico. “Nelle carceri italiane i detenuti di religione islamica sono sempre più numerosi e per il personale di polizia penitenziaria non è sempre facile interpretarne i comportamenti e riuscire a cogliere eventuali segni di un processo di radicalizzazione. La cronaca degli ultimi attentati – spiega – conferma che spesso, all’interno delle mura carcerarie, i giovani detenuti intraprendono la strada verso l’ estremismo e la violenza settaria. Individuare per tempo certe situazioni può permettere di intervenire tempestivamente”.
Più avanti aggiunge: “Come musulmano praticante, ma anche come ricercatore, dico che ogni componente della società deve fare il suo dovere e i musulmani son parte integrante delle società in cui vivono. La nostra collaborazione, nel mio caso con il Dipartimento della polizia penitenziaria, fa parte del senso del dovere e di responsabilità che abbiamo verso la società italiana. Abbiamo requisiti e peculiarità che mettiamo al servizio della collettività e delle istituzioni e lo facciamo ben volentieri come cittadini responsabili e partecipi, e come persone di fede”.