Referendum
“Ho l’impressione che per conseguire l’obiettivo di rafforzare l’esecutivo” vi sia “un’eccedenza del mezzo rispetto al fine”. Non usa mezzi termini il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli, commentando la riforma costituzionale oggetto di analisi al seminario di studio “I chiaroscuri della riforma costituzionale”, in corso a Roma. “È previsto un referendum confermativo – osserva -, io lo chiamerei piuttosto ‘sanante’. Questo accresce l’esigenza di una riflessione più diretta con il corpo elettorale sul contenuto della riforma”. Mirabelli mette in guardia dal rischio di un uso politico della consultazione trasformandola “in un meccanismo di giudizio del potere, una sorta di ordalia”. La riforma, aggiunge, “è stata attesa a lungo e si è arrivati – elemento positivo – ad una decisone politica. Tuttavia si corre il rischio che prevalga un’eccessiva valorizzazione di questa decisione politica rispetto alla qualità della decisione stessa”. Per il costituzionalista, “l’esigenza di rafforzare l’esecutivo” nasce anche dal fatto che la rapidità delle decisioni politiche viene molto rallentata dalla “navetta dei provvedimenti tra l’una e l’altra Camera; mi chiedo tuttavia se questo richieda la ‘soppressione’ di fatto di una delle due Camere”. “Decretazione d’urgenza, voto di fiducia, maxiemendamenti: mi domando – prosegue Mirabelli – se il governo non abbia già una serie di poteri che esercita. Quali leggi di iniziativa parlamentare arrivano in porto, quante di iniziativa governativa? Questo dà già l’idea della forza dell’esecutivo rispetto al Parlamento. Ho l’impressione di un’eccedenza del mezzo rispetto al fine”. “Atipica”, inoltre, la modalità “mista, diretta-indiretta” di elezione del Senato, legata, secondo il giurista, al “nodo strettamente politico” costituito per ogni governo dalla “difficoltà di assicurarsi la maggioranza al Senato”.