Scuola paritaria e discriminazioni

Una storia di ordinaria discriminazione. Una storia di ordinario autolesionismo nel nome dell'ideologia. Stiamo parlando della situazione delle scuole pubbliche paritarie d'Italia. Di uno Stato che le discrimina, che comprime la libertà di scelta educativa dei genitori e finisce per piazzare i livelli della scuola pubblica del Paese a più bassi livelli nel panorama europeo, favorendo la fuga dei giovani oltre confine.

L’Unione Europea l’ha già richiamato due volte: devi adeguarti agli standard comunitari, favorendo la libertà scolastica; non devi farti gestore delle scuole, le devi lasciare alla società, secondo la regola della sussidiarietà, tu devi farti solo garante. Niente da fare. Si va avanti con una scuola di Stato, la recente legge della Buona Scuola (107/2015) non risolve i problemi, anzi ne crea di nuovi. Una scuola di Stato che presto imploderà.
Ma andiamo per ordine. Nel 2000 con la Legge n. 62, si diede finalmente giustizia alle scuole non statali. Venne dichiarato che “Il sistema nazionale di istruzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”: tutte hanno gli stessi diritti e doveri. Tutte scuole pubbliche dunque: era un passo avanti, un passo storico. Mancava tuttavia un tassello: quello economico. Insomma, niente finanziamenti. E così i genitori che iscrivono i loro figli alle paritarie, devono pagarsi la scuola. Dopo le tasse per l’istruzione pubblica, come tutti, devono sborsare soldi una seconda volta per godere del diritto di iscrivere i figli alla scuola che decidono di scegliere. Una palese discriminazione. Nei confronti di tutte le famiglie, ma soprattutto di quelle a basso reddito, che non hanno la possibilità di scelta. Viva la democrazia!

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