La paura di dover ritornare in una terra che non è più la tua

Per la burocrazia sono solo "richiedenti asilo": eppure ognuno degli ospiti del San Giuseppe a Gorizia ha alle spalle una storia personale già segnata molto spesso dalle sofferenze e dalla violenza di terre da cui hanno dovuto fuggire per sopravvivere

Sono giovanissimi, hanno quasi tutti tra i 20 e i 30 anni, i più “maturi” sono quasi un’eccezione. E hanno paura: paura di dover ritornare in una terra che non riconoscono più, in quella stessa patria che li ha costretti a fuggire da guerra e vessazioni di ogni tipo.
Stiamo parlando dei richiedenti asilo che transitano nella nostra città, in attesa di ricevere dalla Commissione Territoriale lo status di rifugiato. Una settantina di essi è accolta presso la struttura emergenziale di Medici Senza Frontiere negli spazi del San Giuseppe, un luogo forse scarno ma che offre loro tre grandissime possibilità: acqua calda, un tetto dove poter passare la notte e, sopra ogni cosa, umanità.
Ho avuto la possibilità di visitare il campo e di incontrare alcuni di questi profughi, scambiare con loro due chiacchere e scoprire le loro storie, unite tutte da un unico filo rosso: “the war”, la guerra.

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