Epifania

Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12

Anche i Magi, partiti dall’Oriente molto lontano, sono giunti davanti al Bambino. Dopo il lungo viaggio, sotto la guida della stella e la ricerca mai interrotta a dispetto di depistaggi e false tracce, sono finalmente giunti davanti al Salvatore e si prostrano in adorazione. Quello che hanno trovato, di per sé, non ha nulla di straordinario: una casa, un bambino, una madre. Straordinario, casomai, è stato il cammino che li ha condotti fin lì, sotto un segno del cielo – la stella – interpretato anche grazie alla sapienza nascosta nella cultura e nella tradizione spirituale di cui sono ricchi tutti i popoli della terra. Così il viaggio dei Magi è figura delle tappe che tutti i popoli e gli individui di ogni tempo devono percorrere nel loro andare incontro alla salvezza.

La meta è certa perché non è solo davanti, ma ci precede da sempre. “Non mi cerchereste se non mi avreste già trovato”, dice il Signore per bocca di Agostino, “e non mi trovereste se non mi facessi già trovare”. Prima di assaporare la gioia dell’incontro con Cristo, prima di adorarlo e offrirgli il meglio di una vita – se non la vita stessa – occorre cercare, chiedere, seguire i segni di Dio.

L’epifania è la manifestazione della gloria di Dio che, per non accecarci, si rivela nella piccolezza di un bambino in braccio alla madre. Dio si è fatto piccolo, uomo nella carne, perché ogni uomo e ogni carne, anche la più “piccola” e “debole”, possa contenere il mistero della grazia che è vita divina.

Erode era già “vicino”, ma non “prossimo” al Bambino. Aveva le Scritture così chiare da indicare la giusta via ai Magi, ma non seppe trovarla a sua volta. Altri desideri gli inquinavano la coscienza: il potere, la ricchezza. E nessuna stella, nessuna luce, poteva rischiarargli l’anima. Un rischio anche per noi. E anche oggi è possibile che quelli “venuti da lontano” giungano prima.

I doni dei Magi – l’oro, l’incenso e la mirra – da sempre indicano la natura e il segreto di quel Bambino: la sua regalità e la sua divinità. Entrambe esercitate sotto il segno della croce, col dono di sé. È la mirra, l’amaro unguento usato per preparare i cadaveri, ad alludere alla Pasqua. Oggi, dopo il Vangelo, c’è l’annunzio del giorno della Pasqua, attorno al quale si incastonano tutti i giorni santi della liturgia cristiana.

Trovare il vero Re, l’Emmanuele, è il desiderio di ognuno. È la domanda più profonda, perché è ricerca di senso, di salvezza, di guarigione, di liberazione, di perdono. Trovarlo è gioia e la gioia indica “dove” Lui si trova. Trovarsi… La prima parola di Dio rivolta ad Adamo è: “Dove sei?” perché anche l’uomo chiedesse a sua volta a Dio: dove sei? E i due si potessero incontrare. Se Dio è il dove dell’uomo, anche l’uomo è il dove di Dio.